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La Terza Repubblica farà le cose grosse, cestinando la Costituzione?

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Dicono che il 4 marzo 2018 è nata la Terza Repubblica, e hanno ragione.  E’ stato un sisma serio: cacciati un bel po’ di orbaci del Regime figlio della Carta di Benigni e di altri pagliacci professionali.

Verrebbe da cercare affinità con la francese Troisième, durata all’incirca quanto la somma delle due malerepubbliche passate. Però ha più senso riferirci alla Quatrième, sorta con la Liberazione e  abbattuta nel 1958 dalla svolta quasi-monarchica di Charles De Gaulle. Se nel riferirci alla Quatrième c’è qualche senso in più è in quanto anche il probabile, estremo aggiornamento del nostro deteriore regime potrà un giorno non lontano essere seguito da un’esperienza antipartitica e antiparlamentare in qualche misura analoga al governo gollista delle origini. Il generale De Gaulle riuscì a volgere il disgusto dei francesi per la Quarta repubblica a favore di un reggimento semi-autoritario o semi-bonapartista,

Il ridicolo ammutinamento studentesco-sindacalesco del Maggio 1968 ferì l’orgoglio del generale-presidente al punto da farlo dimettere poco dopo, per il cattivo esito di un’iniziativa referendaria dall’alto, benintenzionata e non capita dai francesi. Il generale nutriva propositi virtuosi. Nel sistema Francia voleva introdurre elementi di cogestione e di partecipazione al potere dei cittadini. Una maggioranza dei votanti lo smentì. Una maggioranza smentì pure Matteo Renzi.

Quando Renzi arrivò a palazzo Chigi commise l’errore di puntare tutto sulle vie legali alle riforme, dimentico che la legalità vieta le riforme. Avrebbe dovuto schiodare senza esitazioni e con le brusche l’impalcatura costituzionale eretta nel 1948.

Il nuovo corso aperto il 4 marzo 2018 potrà, a certe condizioni, attenuare le pulsioni italiane contro la democrazia rappresentativa, fatta di partitismo e di tangenti. Carlo Calenda, ministro uscente e homo novus della nostra Nomenclatura, ha detto la cosa giusta: occorre una Nuova Costituente. Se ci sarà e se non produrrà solo ritocchi bensì sventramenti, l’indignazione antisistema degli italiani potrà anche indebolirsi. Altrimenti, perché lo Stivale non dovrebbe farla fnita coi partiti e con la frode elettorale? Perché non dovrebbe liberarsi dei ‘politicastros’?  Così Miguel Primo de Rivera chiamava quei professionisti della politica che nel 1923 aveva scacciato dal potere, coll’appoggio massiccio del Paese, soprattutto nei primi tre-quattro anni della sua bonaria ‘Dictadura’. Si rileggano i libri di storia: gli spagnoli amarono il colpo di stato di Primo. I drammi della Spagna cominciarono quando il generale lasciò volontariamente il Potere, avendolo esercitato più di sei anni, e andò a morire a Parigi.

L’Italia, che nel mito antico ebbe la ventura d’essere retta da un Re che era anche il dio Saturno -era la Saturnia Tellus- perché non dovrebbe affrancarsi dal congegno decrepito e fraudolento delle elezioni, delle risse parlamentari, delle consultazioni al Quirinale, dei cambi di casacca, delle tangenti, degli altri vizi della peggiore repubblica d’Occidente?  Il modo più pratico per realizzare la Liberazione sarebbe di fare come la Francia nel 1958: consegnare il paese a un uomo che abbia alcune delle qualità di Charles De Gaulle e che metta da parte la Costituzione, le Camere dei Proci, ogni altro congegno dell’usurpazione e della combutta di regime.

Se la Terza Repubblica vorrà fare all’opposto delle precedenti Due; se comincerà a sventrare la spesa delinquenziale per affrontare la sacrosanta spesa sociale imposta dai nuovi tempi, dalla globalizzazione, dalla superiorità dei concorrenti nuovi; se aggredirà i vitalizi, gli iperstipendi, i costi della politica, gli enti inutili, la crapula dei Proci eletti e non, la Terza Repubblica potrà non essere abbattuta da chi riesca a fare come De Gaulle o come Primo de Rivera.

Si annuncia un avvenire ingrato. La globalizzazione costringerà la Terza repubblica a fare il suo dovere col Welfare nei confronti dei senza reddito, che saranno sempre più. Nessun governo potrà far crescere stipendi veri e salari veri: sarebbero artificiali, non creati da alcun ingrossarsi dei mercati. Le avanzate tecnologiche penalizzeranno il lavoro. In più dovremo contribuire a ridurre la miseria dei paesi poveri, perchè non esportino mendicanti.

La Terza repubblica dovrà cominciare a disintossicare gli italiani dall’idolatria del benessere e dell’edonismo. Una Nuova, ben migliore, Costituente dovrà aggredire i mali della Carta pseudo- giacobina del 1948. Dovrà per esempio abolire il Senato, a meno che non si decida di sorteggiarne i membri, così sperimentando una delle varie formule di democrazia semidiretta. Dovrà quasi azzerare i bilanci militari, coll’occasione uscendo dalla Nato. Dovrà miniaturizzare le spese per il prestigio, in primis chiudendo e vendendo (sui mercati internazionali, che risponderanno bene) il Quirinale, una settantina di ambasciate, un centinaio di palazzi storici. Il solo Quirinale ci costa quanto dare il reddito (Gentiloni) d’inclusione a mezzo milione di famiglie. E mai più un soldo a sport, moda, circenses e simili.

Se la politica italiana vorrà queste e altre svolte; se malmenerà gli alti redditi; se esproprierà e, dopo, esilierà quanti saboteranno il Nuovo Corso esportando i capitali: in tal caso forse si indebolirà il bisogno di un’aspra correzione ‘gollista’ e sociale -antiparlamentare e antirappresentativa- della  democrazia dei Proci, nata malata e dal 4 marzo moribonda.

Antonio Massimo Calderazzi


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